The Beauty Chase – I testi del catalogo 5
Continuo con la pubblicazione dei testi del cataloghino di The Beauty Chase in mostra a Lille fino a domenica 13 gennaio.
Mirjam Hiller
Non si direbbe, osservando le opere di Mirjam Hiller – che appaiono come creature monocolore decisamente in 3D – che la sua grande forza creativa risieda nel connubio estetico tra bidimensionale e tridimensionale. Nel disegno bidimensionale – esso stesso opera grafica – c’è già tutto il DNA del “volume” che l’opera avrà dopo essere stata realizzata, spesso in un unico foglio di acciaio inossidabile. Il progetto in 2D è un percorso minuziosamente dettagliato al quale la dimensione in più regala la vita.
Barbara Paganin
L’inquietudine sottile come un brivido che spinge a ricercare. Sempre. Soprattutto sentendosi “nuovi” di fronte a ogni nuova prova. È forse questa la chiave per leggere il percorso espressivo di Barbara Paganin che si mette continuamente alla prova imponendosi tecniche materiali sempre nuovi. I metalli preziosi, certo, ma anche un incredibile lavoro di creazione con il vetro e la porcellana. In mostra ci sono alcune opere importanti molto diverse tra loro che mostrano concretamente questo cammino: il lavoro più recente, del 2012 è la collana Silenzi, che rappresenta un po’ anche un “amuleto” dell’ispirazione dell’artista realizzata con elementi compositi dalla resina agli objets trouvés, dalla ceramica, all’oro, e che riprende temi espressivi ed estetici a lei cari come la foglia della verza.
David Bielander
Le opere di Davis Bielander vanno gustate innanzitutto per la loro facile comprensione “di primo grado”: la genziana, l’aglio, lo scarabeo stercorario, una bocca che fa la linguaccia… Cose semplici, non necessariamente “nobili” anzi spesso proprio il contrario. Apparentemente “copie dal vero” che fanno quasi sorridere per la loro infantile e pura banalità. Ma poi si possono leggere con uno sguardo di “secondo grado”. Quando l’artista si mette all’opera per creare ciò che già esiste (con tutte le tecniche a sua disposizione) prende le distanze dalla realtà vera scoprendone lui stesso una imperfetta e non finita. Così facendo chiama in causa l’immaginazione di chi indossa l’oggetto ad andare oltre l’ovvio.
Discussion about this post